Dal rapporto Burtland ad oggi sono passati 20 anni. Una frase così semplice ha trovato tanti ostacoli lungo il suo cammino. Il blog nasce per raccogliere in un unico posto tante notizie, informazioni e documenti che giornalmente raccolgo su Internet. Il WEB 2.0 deve diventare una realtà
24 aprile 2008
21 aprile 2008
Ennesimo record del petrolio pesanti i costi per l'economia
E in effetti anche stamane si è registrato l'ennesimo aumento del greggio, che si è attestato a 117,05 dollari al barile sulla scia del forte rialzo dei listini azionari. Sul circuito elettronico i future sul Light crude avanzano di 51 dollari a 117,15 dollari. Massimo storico anche per i future sul Brent a 114,35 dollari. L'Opec, riunito a Roma per via dell'Ief, ha dichiarato che non esiste spazio per un rialzo della produzione, poiché il mercato è in equilibrio e gli attuali livelli dei prezzi sono da imputare al ruolo della speculazione e alla debolezza del dollaro.
"Dobbiamo scongiurare il rischio che l'energia costituisca in futuro ragione di tensione e di scontro, tra le varie regioni del mondo, da cui saremmo tutti perdenti", ha detto ancora Prodi, ricordando che "si sta delineando un conflitto tra cibo e carburante con disastrose conseguenze sociali a fronte di dubbi benefici ambientali. Non possiamo rimanere a guardare".
Il riferimento diretto è ai biocarburanti: "E' molto preoccupante quello che sta avvenendo nel mercato delle materie prime agricole. L'aumento dei prezzi, stimolato, oltre che dalla crescente domanda alimentare, dall'incremento della coltivazione dei biocarburanti, sta producendo forti tensioni in molti Paesi", ha spiegato Prodi.
Secondo il premier uscente per far fronte ai problemi dell'energia non basta una politica europea: "L'Europa da sola non basta. Le sfide energetiche sono globali e hanno bisogno di risposte globali". E tuttavia, "l'Europa sta facendo la sua parte ma occorre che tutti lavorino insieme per obiettivi comuni. Mi rendo conto che ci vorrà del tempo, ma non c'è altra scelta". "La politica europea - ha concluso Prodi - ha il grande vantaggio di un approccio integrato su energia e clima".
16 aprile 2008
Acquisti "verdi" per la PA, si faranno?
Una nota del ministero dell'ambiente aveva annunciato, l'11 aprile di quest'anno, l'entrata in vigore del decreto interministeriale (previsto dalla finanziaria 2007) sul piano di azione per la sostenibilità nella pubblica amministrazione (Green Public Procurement), predisposto di concerto con i ministeri dello sviluppo economico e dell’economia.
L'iniziativa, già adottata da alcune regioni quali la Lombardia, vorrebbe essere estesa a livello nazionale, ma in realtà mancano ancora i provvedimenti attuativi contenenti i criteri ambientali minimi cui la PA si dovrà attenere nelle proprie spese.
Sono quegli indicatori che il Consip, la società che «cura» gli acquisti del ministero dell’economia, avrebbe dovuto introdurre nelle gare di appalto per la fornitura di beni e servizi. In sostanza una svolta verso criteri non solo di efficienza, ma anche di sostenibilità.
I risultati delle elezioni e il cambio di rotta al governo saranno in ogni caso motivo di ritardo nella stesura delle linee guida del piano nazionale (sempre che venga confermato l'impegno).
Nell'ipotesi di una pronta esecuzione del mandato di «acquisti verdi», entreranno a far parte delle forniture per la Pubblica Amminsitrazione le fonti energetiche rinnovabili, i prodotti che consentono una minore produzione di rifiuti, i materiali riciclati e quelli privi di sostanze tossiche.
In effetti, in Italia c'è già un precedente fallimento di un'iniziativa analoga, sempre per motivi procedurali. Si tratta del Decreto Ministeriale dell'8 maggio 2003 numero 203 recante le «Norme affinché gli uffici pubblici e le società a prevalente capitale pubblico coprano il fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato nella misura non inferiore al 30% del fabbisogno medesimo».
L'importanza del piano nazionale sul Green Pubblic Procurement, come ricorda il ministro dell'ambiente uscente Alfonso Pecoraro Scanio, appare evidente se si pensa che le spese interessate da questa svolta «verde» ammontano a ben 50 miliardi di euro ogni anno.
14 aprile 2008
Tibet - support the Dalai Lama
I just signed an urgent petition calling on the Chinese government to respect human rights in Tibet and dialogue with the Dalai Lama. This is really important, and I thought you might want to take action:
http://www.avaaz.org/en/tibet_end_the_violence/98.php/?cl_tf_sign=1
After decades of repression, the Tibetans are sending out a global cry for change. Unrest is spreading across Tibet and neighbouring regions, and the Chinese regime is right now making a crucial choice between escalating repression or dialogue.
President Hu Jintao needs to hear that "Made in China" exports and the upcoming Olympics in Beijing will have the support of the world's people only if he chooses dialogue. But it will take an avalanche of global people power to get his attention. Click below to sign the petition--in just 7 days, the campaign is over half way to the goal of 2 million signatures!
http://www.avaaz.org/en/tibet_end_the_violence/98.php/?cl_tf_sign=1
Thank you so much for your help - forward this email to friends!
3 aprile 2008
Biocombustibili: un rimedio peggiore del male
La conversione degli ecosistemi nativi in coltivazioni adatte alla produzione di biocombustibili potrebbe comportare effetti molto negativi sul riscaldamento globale: è quanto ha concluso uno studio svoltò presso l’Università del Minnesota in collaborazione con la organizzazione Nature Conservancy.
Secondo quanto si legge sull’ultimo numero della rivista “Science”, il carbonio che andrebbe perduto convertendo foreste fluviali, boschi, savane e praterie supera infatti di gran lunga il risparmio nelle emissioni garantito proprio dal consumo di combustibili derivati dalle colture agricole invece che di combustibili fossili.
Secondo le stime, l’estensione di colture di mais e di canna da zucchero per ricavare metanolo e di palme e soia per la produzione di biodiesel, rilascerebbe annualmente da 17 a 420 volte più carbonio di quello che si eviterebbe di immettere in atmosfera con la transizione verso i biocombustibili.
Nel corso della ricerca, gli autori dello studio hanno preso in considerazione il caso dell’Indonesia, in cui lo scompenso ha raggiunto valori altissimi: la conversione di suoli torbosi in piantagioni di palma ha determinato un “debito di carbonio” che richiederebbe 423 anni per essere estinto. Allo stesso modo, la perdita di carbonio dovuto al disboscamento della foresta amazzonica per lasciare posto alle coltivazioni di soia potrebbe essere recuperata in 319 anni di consumo di biodiesel.
“Le politiche di incentivazione in atto sono scorrette dal momento che gli agricoltori ricevono una ricompensa per la produzione dell’olio di palma ma non per la gestione del carbonio”, ha commentato Stephen Polasky docente di economia applicata dell’Università del Minnesota, che firma lo studio. “Ciò crea uno sbilanciamento che va a incrementare le emissioni di carbonio.”
E Joe Fargione, studioso di Nature Conservancy che ha partecipato allo studio, rincara la dose. “Se l’obiettivo è mitigare il riscaldamento globale, non è possibile semplicemente convertire i terreni alla produzione di biocombustibili”, ha spiegato. “Tutti i biocombustibili che utilizziamo attualmente causano una distruzione degli habitat, direttamente o indirettamente. L’agricoltura mondiale sostiene già allo sforzo di produrre alimenti per 6 miliardi di persone: se si producono biocombustibili a partire da vegetali commestibili, occorrerà la conversione anche dei terreni che sono già destinati all’agricoltura.”
I risultati di della presente ricerca, tra l’altro, coincidono con l’osservazione di un analogo fenomeno in atto nel contenente americano: la domanda di etanolo sta contribuendo alla conversione della foresta amazzonica brasiliana e del Cerrado (savana tropicale) in terreni adatti alla coltivazione di soia. Analogamente, gli agricoltori statunitensi, che tradizionalmente alternano le colture di mais con quelle di soia, attualmente stanno piantando mais ogni anno per soddisfare la domanda di questo prodotto.
Biocombustibili dagli scarti agricoli
Una ricerca svoltasi presso l’Università del Maryland e cominciata con i batteri provenienti dalla Baia di Chesapeake ha portato alla scoperta di un processo chimico in grado di convertire grandi volumi di prodotti vegetali di ogni sorta, dalla carta usata fino agli scarti della produzione della birra, in etanolo e altri biocombustibili alternativi al gasolio e alla benzina.
I cosiddetti biocombustibili cellulosici possono infatti essere prodotti a partire da tutti i vegetali che non si presentano in forma di grani o semi e risultano quindi di grande importanza ecologica, da momento che possono essere ottenuti da materiali che non hanno alcun valore alimentare, come i prodotti di scarto dell’agricoltura, inclusi paglia, tutoli e brattee del mais.
Il processo è stato messo a punto anche grazie alla collaborazione con la piccola società Zymetis: il suo segreto è lo sfruttamento del batterio S. degradans, che si trova abitualmente nelle foglie di erba della pampa (Hymenachne amplexicaulis) della Baia di Chesapeake, il più grande estuario degli Stati Uniti, compreso tra gli stati della Virginia e del Maryland.
Tale ceppo batterico, infatti, produce un enzima che permette la conversione di materiale vegetale in zucchero, che a sua volta può essere convertito in biocombustibile.
In realtà i ricercatori della Zymetis non sono stati in grado di isolare il batterio in natura, ma hanno scoperto come produrre l’enzima in laboratorio. Il risultato è un composto chimico chiamato Ethazyme, che degrada le resistenti pareti delle cellule dei materiali cellulosici e converte direttamente l’intero materiale vegetale in zuccheri pronti per la trasformazione in biocombustibile, con un costo significativamente inferiore e con minore utilizzo di composti tossici rispetto al metodo convenzionale.
Secondo le dichiarazioni dei ricercatori, a pieno regime il processo Zymetis potrebbe arrivare a una produzione di 75 miliardi di galloni – pari a 280 miliardi di litri – all’anno di etanolo. Stando alle proiezioni, il mercato degli enzimi per biocombustibili potrebbe arrivare a un valore complessivo di 5 miliardi di dollari, tenuto conto anche dedll’energy bill, la legge approvata dal Senato degli Stati Uniti e che dà mandato alle compagnie petrolifere di produrre 21 miliardi di galloni di etanolo ricavato dalla cellulosa entro il 2022.