Quella nucleare è da sempre stata la più costosa delle fonti energetiche, e questo non sono le associazioni ambientaliste a sostenerlo ma enti e università, peraltro spesso molto favorevoli a questa forma di energia. Il Dipartimento dell'Energia degli Stati Uniti (DOE), alcuni anni fa, aveva stimato che la costruzione di una nuova centrale nucleare avrebbe richiesto diversi anni e alla fine 1 kWh di energia elettrica sarebbe venuto a costare 6,13 centesimi di dollaro, quando lo stesso kWh prodotto da gas sarebbe costato 4,96 centesimi e quello da carbone 5,34, addirittura costerebbe meno l'energia da fonte eolica (5,05 centesimi a kWh). Si tratta peraltro di stime ottimistiche e benevole nei confronti del nucleare, ma il risultato resta quello di una severa bocciatura dal punto di vista economico di questa fonte energetica. A risultati analoghi era giunto un importante studio realizzato dalla Chicago University sempre per conto DOE. Questo lavoro stimava costi per il nucleare da 47 a 71 dollari al megawattora (MWh), contro i 33-41 dollari del carbone e i 35-45 dollari del turbogas.
Già in un dettagliato studio del 2003 effettuato dal prestigioso Massachusetts Institute of Technology erano assegnati i costi più alti al kWh nucleare . Questo lavoro è stato aggiornato nel 2009 , ma i risultati restano avversi al nucleare…
Anche dai dati della seguente tabella è possibile vedere come sempre il DOE continui a considerare l'energia elettrica prodotta da nuovi impianti (operativi nel 2020) come la più costosa.
Secondo le stime fatte in un recente rapporto dall'agenzia di rating Moody's (Moody's Investors-2008) si parla di oltre 7.000 $ per kW installato. Inoltre, sempre secondo questo rapporto, per Moody's, il costo del kWh nucleare sta aumentando del 7% l'anno, e quindi nel 2020 sarà praticamente raddoppiato come si vede nel seguente grafico, quindi se si dovessero realizzare centrali nucleari siamo sicuri che anche in Italia le bollette elettriche aumenteranno.
In realtà altri studi indipendenti parlano di cifre già superiori ai 10.000 dollari a kWp, un valore che sembra essere pienamente confermato da quanto accaduto nel 2009 in Canada, dove le offerte per la costruzione di due nuovi reattori sono state tre volte più alte rispetto alle attese al punto che il Governo ha sospeso la gara. All'atto pratico l'offerta dell'AECL (Atomic Energy of Canada Limited) prevedeva per due unità da 1.200 MW, con tecnologia Candu (il reattore ad acqua pesante di canadese), un costo di 26 miliardi di dollari, ossia 10.800 dollari a kWp. La seconda offerta era quella fatta dal costruttore francese Areva, che proponeva due EPR da 1.600 MW al costo di 23,6 miliardi di dollari, ossia 7.375 dollari/kW, ma con minori garanzie sui possibili extracosti, assai comuni in questo tipo d'impianti. Interessante notare come l'offerta Areva, tradotta nella valuta europea, corrisponda a oltre 4.500 euro/kW, ossia quasi il triplo del preventivo presentato al governo finlandese per la centrale di Olkiluoto, e si che si tratta della stessa tecnologia…Ma questo non deve stupire se si pensa che l'impianto in costruzione in Finlandia ha già maturato tre anni di ritardo e non si sa quando sarà realmente terminato e la spesa prevista è già quasi raddoppiata arrivando a 5,3 miliardi di euro. Tutto questo è stato determinato da pesanti difetti di costruzione (quindi anche di progetto) e violazione delle norme di sicurezza. La stessa amministratrice delegata di Areva ha dovuto ammettere che l'effettivo costo dell'impianto e il tempo necessario a realizzarlo si sarebbero saputi solo a conclusione dei lavori… Verrebbe da chiedersi: quale imprenditore sarebbe tanto pazzo da fare un simile investimento se tutti gli extracosti non fossero immoralmente esternalizzati sulla collettività?
Del resto nella storia del nucleare i reali costi sono sempre stati almeno doppi o tripoli rispetto ai preventivi di partenza, questo a prescindere dal paese considerato. Negli Stati Uniti è ben documentato come i costi effettivi di costruzione abbiano superato quelli di progetto dal 214 al 381%…
Tutte queste valutazioni economiche, già assai negative sull'energia nucleare, potrebbero essere addirittura fortemente sottostimate in particolare per quanto concerne i costi del decommissionamento degli impianti e il trattamento delle scorie di lungo periodo. Aspetti che nella maggior parte dei casi non sono stati adeguatamente, o affatto, considerati nei modelli economici adottati.
Del resto non è un mistero che se negli scorsi decenni la tecnologia nucleare si è sviluppata è stato solo grazie ai massicci finanziamenti governativi strettamente connessi alla corsa agli armamenti nucleari. Gli elevati capitali di rischio e i tempi troppo lunghi di costruzione e di rientro sull'investimento hanno rappresentato uno dei più forti deterrenti per gli investitori privati. Sono questi alcuni dei motivi per cui la stessa Banca Mondiale ha evitato per molto tempo di promuovere investimenti nel settore nucleare.
Ed è per le stesse ragioni che negli USA non si costruiscono più reattori nucleari dai primi anni '80.
Ai già citati costi economici bisognerebbe poi aggiungere quelli umani e sociali legati al problema della sicurezza, non solo per l'impianto nucleare ma anche per il deposito di stoccaggio delle scorie, per il trasporto del combustibile esausto, ecc. Si tratta di costi fortemente sottovalutati e che nessuna compagnia di assicurazione copre: il tutto ricade sulle finanze dello stato e quindi sulla collettività.
Il costo dell'uranio, poi, è destinato a crescere poiché entro il 2030 saranno esaurite le miniere ad alta concentrazione in giacimenti trattare (soft ore), si dovrà quindi ricorrere all'estrazione di uranio da graniti (hard ore) a una concentrazione decine di volte inferiore.
Quindi se l'Italia volesse veramente coprire il 25% dei proprio fabbisogni elettrici col nucleare, come sostiene il governo italiano, occorrerebbe installare oltre10.000 MW (di potenza nucleare), questo comporterebbe un costo superiore a 45 miliardi di euro (almeno stando alla stime fatte nella proposta di Areva al governo canadese) In realtà, dai dati sopra riportati, appare di tutta evidenza che, se si volessero rispettare i migliori standard di sicurezza, i costi più probabili per i 10.000 MW italiani comporterebbero un esborso anche superiore ai 60 miliardi di euro, una somma quasi tre volte maggiore rispetto alle irrealistiche cifre dichiarate da Enel e dal Governo italiano.
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